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2016. Interventi di Riqualificazione urbana del quartiere Lido Tre Archi, Fermo (Fm)

incarico         Studio di fattibilità tecnico economica
luogo            Fermo (FM), Marche
programma        Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana 
                 e la sicurezza nelle periferie delle città metropolitane  
                 e dei comuni capoluogo di provincia
importo lavori   8.600.000,00 EURO
committente      Amministrazione Comunale della Città di Fermo
progettisti      Arch. Massimiliano Caserta
                 Ing. Andrea Mario Paci
                 Arch. Giovanna Paci
collaboratore    Geom. Paolo Marsili
Descrizione dell'area urbana e del tessuto sociale

L’area oggetto d’intervento è stata individuata come una delle aree urbane a maggiore criticità sociale della Regione Marche[1]. Essa si trova a circa 10 km di distanza dal centro città, sulla costiera adriatica marchigiana. Il quartiere di Lido Tre Archi rappresenta una propaggine sulla costa dell’esteso territorio del comune di Fermo, il quale ha sul colle Sabulo il suo centro storico di origine picena e di successiva colonizzazione romana. Attorno al nucleo antico della città si sono nel tempo formati, seguendo un modello di sviluppo abbastanza ricorrente nelle aree del Nord-Est e Centro[2], una nuova trama insediativa ad urbanizzazione diffusa e quartieri satellite di fatto autonomamente organizzati, caratterizzati da una distanza fisica e relazionale con il centro. Il quartiere Lido Tre Archi si inserisce nello sviluppo edilizio costiero che ha interessato, tra le altre, la Regione Marche, determinando una ipertrofia demografica e dei tessuti urbani e la conseguente formazione della cosiddetta “città adriatica”.[3]

Nel caso specifico l’avvio del processo di urbanizzazione è rintracciabile verso la fine degli anni ’60 in una lottizzazione turistico-balneare per la costruzione di seconde case destinate principalmente ad un turismo di ritorno. L’uso stagionale (estivo) delle abitazioni da parte dei proprietari non residenti ne favoriva l’occupazione da parte di affittuari negli altri mesi dell’anno. Tale pratica era incentivata dal fatto che una grande percentuale era costituita da acquirenti con basso potere di acquisto, ma con l’anelito ad una casa di vacanza, per la quale avrebbero contratto un mutuo da ripagare con gli affitti dei mesi invernali: il canone di locazione particolarmente basso ha promosso l’inserimento di popolazione a basso reddito ed appartenente a fasce sociali fragili, per lo più immigrata. Nel tempo i sempre più frequenti episodi di degrado e criminalità hanno determinato un graduale processo di espulsione della popolazione di primo insediamento.

Attualmente risultano insediate all’interno della lottizzazione circa 2064 persone di varie nazionalità su una popolazione totale del comune di Fermo di 37700 abitanti.[4]

Sono censite 43 nazionalità diverse appartenenti ad una fascia d’età giovane: ben l’80% risulta, infatti, nato successivamente al 1970. Il gruppo etnico più numeroso è costituito da indiani, seguiti rispettivamente da pakistani, cinesi e rumeni. Volendo operare una suddivisione per macrogruppi si può, però, affermare che il ceppo slavo (albanesi, macedoni, kosovari) è il più rappresentato. Consistente è anche il macrogruppo africano, soprattutto ivoriani e nigeriani, oltre a maghrebini (algerini, marocchini e tunisini).

Dal punto di vista del tessuto urbano il quartiere è sempre stato caratterizzato da un forte isolamento sia con i luoghi centrali della città di Fermo che con altri luoghi o situazione insediative vicine. Sotto il profilo fisico e territoriale ciò è dovuto al particolare posizionamento del quartiere compresso sulla lingua litoranea dal fascio infrastrutturale della viabilità regionale, che in omologhe situazioni adriatiche taglia letteralmente in due parti distinte le località costiere. Nel caso specifico il quartiere si trova ad avere ad est il battente marino, ad ovest la ferrovia, a nord la foce del fiume Tenna (che segna anche il confine con il contiguo Comune di Porto S. Elpidio), a sud il fosso degli Alberelli. Un isolamento che ne ha fatto un ghetto e che ha generato fenomeni di emarginazione e chiusura sia fra i residenti che nelle relazioni con i luoghi. Il quartiere non ha identità propria né senso di appartenenza[5]: nessuno vive gli spazi aperti i quali, abdicando alla loro possibile funzione di occasione di incontro, rimangono delle vaste aree vuote. Anche il commercio è stato espulso, o comunque non ha mai trovato reale interesse ad insediarsi in tale quartiere: le attività attualmente esistenti sono in gran maggioranza negozi etnici, con gestione di residenti immigrati e con un’offerta commerciale che risponde alle richieste delle comunità di appartenenza.[6] Per quanto concerne i servizi il quartiere ne è sprovvisto: nella stessa relazione di accompagnamento al Piano di lottizzazione del 1969 il progettista sostanzialmente afferma che lo standard destinato all’istruzione, inserito per il rispetto formale delle dotazioni richieste dalla normativa, può essere disatteso, in quanto trattasi di villaggio vacanze, pertanto non destinato all’accoglienza di popolazione stabile. In realtà è stata successivamente realizzata una scuola primaria ed una piccola piazza ad anfiteatro (piazza Skanderbeg), quest’ultima esito di un’iniziativa autopromossa e finanziata direttamente dalla comunità albanese.

Anche il servizio di trasporto pubblico locale è estremamente limitato a poche corse al giorno e non garantisce dei collegamenti adeguati con l’esterno, né diretti con il centro città. Per l’intera giornata della domenica, inoltre, il servizio viene sospeso del tutto.

L’isolamento del quartiere e la mancanza di servizi incidono pesantemente sulle condizioni di vita soprattutto dei residenti che non hanno possibilità di fare affidamento sul mezzo di trasporto privato, ed in particolare donne, minori di 18 anni, anziani. Per loro diventa un “lusso” persino permettersi delle visite specialistiche o creare occasioni relazionali di qualità.

I giovani, vivendo costantemente a contatto con situazioni di grande fragilità, rischiano presto di essere coinvolti in giri di microcriminalità. Tale rischio viene aumentato dalla scarsità di interventi pensati e tarati sulle loro esigenze educative e da una qualità urbana molto povera.

Nell’intento di dare una soluzione all’isolamento del quartiere, che per la verità è sempre stato visto come un ghetto di emarginazione, nel 2009 è stato realizzato un ponte ciclo-pedonale che, superando il fiume Tenna, mette in comunicazione Lido Tre Archi con il territorio comunale di Porto Sant’Elpidio a nord. In realtà si è constatato come ciò abbia favorito un’ulteriore possibilità di più frequente scambio di pratiche illecite: spaccio di stupefacenti, prostituzione, etc.., peraltro già presenti in misura massiccia anche nel comune limitrofo, tanto da indurre la stessa cittadinanza locale ad avanzare richiesta all’Amministrazione riguardo all’installazione di una rete di videosorveglianza.

La segregazione fisica e sociale viene amplificata dal pregiudizio che si è alimentato su questa zona, che di conseguenza non costituisce meta per gli altri abitanti del territorio comunale ed anzi viene attentamente bypassata nelle rotte urbane: è, infatti, comunemente stigmatizzata come il “Bronx” del Fermano, sia nel linguaggio comune che persino negli articoli della stampa locale, la quale non manca di riportare con regolare frequenza episodi di criminalità, l’ultimo dei quali, assurto alla cronaca nazionale, riporta l’uccisione di un cittadino nigeriano (cfr. http://www.repubblica.it/cronaca/2016/07/06/news/fermo_muore_nigeriano_aggredito_da_ultra_locale-143565559/).

I maggiori punti di debolezza dell’area in oggetto risiedono, come già affermato e più ampiamente descritto nel precedente paragrafo, nell’isolamento del quartiere caratterizzato dalla forte presenza di immigrati e da frequenti episodi di microcriminalità e delinquenza.

Trattandosi di un quartiere multietnico, la presenza di minori è molto alta e la continua esposizione ad ogni tipo di devianza rende questi ragazzi più vulnerabili rispetto ai loro coetanei di altre zone della città. La dispersione scolastica è elevata: mentre i più piccoli hanno il tempo pieno scolastico i più grandi e gli adolescenti non hanno luoghi di ritrovo e di aggregazione, e anche i più meritevoli tra loro, senza un piccolo supporto educativo/formativo, rischiano di perdersi.

Altra criticità importante è costituita dall’isolamento delle donne, le quali non possono svincolarsi dagli usi tradizionali di provenienza, che impediscono loro di emanciparsi apprendendo la lingua del Paese ospitante e dunque di intrattenere relazioni sociali a qualsiasi livello.

La mancanza di servizi ed il degrado urbano compromettono gli indicatori di benessere, alimentando al contrario un diffuso disagio sociale, fisico e relazionale. L’assenza di politiche specifiche e di misure volte all’innalzamento della qualità urbana mortificano quello che dovrebbe essere uno sviluppo umano sostenibile e multidimensionale[7], compromettendo l’equità sociale ed il diritto di ciascun abitante a vivere in un ambiente accogliente.

L’indice di degrado edilizio è ben rappresentato da un’edilizia vecchia, poco efficiente dal punto di vista energetico[8] ed esteticamente brutta, come pure dal disordine e dalla sciatteria del disegno urbano (luoghi centrali, lungomare…). Ne consegue l’impossibilità di sviluppare un senso di appartenenza ai luoghi e la negazione del principio democratico di equità sociale, che in particolare nei giovani dovrebbe favorire lo sviluppo del senso civico.

La debolezza, finora verificata, delle politiche locali nella governance delle diversità diminuisce la capacità della città di rispondere alle sfide, di adattarsi ai cambiamenti, di attrarre investimenti e dunque di svilupparsi. Nel caso peggiore una cattiva gestione delle differenze può generare un conflitto paralizzante capace di sfociare nella violenza, nell’esclusione e nell’aperta discriminazione di parte dei cittadini.

Un giovane che si sente escluso diventerà assai probabilmente un cattivo cittadino; molti giovani esclusi potranno coalizzarsi in atteggiamenti e manifestazioni di protesta (vd. banlieue francesi) che andranno a destabilizzare la sicurezza della collettività.

[1] A conferma di quanto affermato si rende noto che la Regione Marche, in risposta al bando ministeriale FAMI (Fondo Asilo Migrazione ed Integrazione) di prossima scadenza, ha ricompreso nelle sue progettualità per l’”Azione 1” l’area in questione, così come designata dalla Delibera del Comitato dei Sindaci appartenenti all’Ambito Territoriale Sociale XIX.

[2]   A. Bagnasco (1977), Tre Italie. La problematica territoriale dello sviluppo italiano. Il Mulino, Bologna

[3] C. Bianchetti (2002), La città medio-adriatica, in “Meridiana”, vol.45, pp.55-68

[4] Tali dati sono desunti dall’ultimo censimento Istat 2011. Tuttavia bisogna sottolineare come debbano sicuramente essere considerati sottostimati, a causa della tante situazioni irregolari che vengono informalmente riportate: affitti non regolari, subaffitti e sovraffollamento, passaggi di clandestini, etc…

[5] Il quartiere in oggetto richiama le aree degradate delineate dalla Convenzione Europea del Paesaggio, per le quali la stessa Convenzione auspica una gestione e pianificazione, in quanto paesaggi che comunque vengono riconosciuti  quali elementi importanti della qualità della vita delle popolazioni.

[6] Per tutti questi motivi l’area nella fase attuale non risulta congeniale all’insediamento di piccole e medie imprese, attività giovanili o start-up, studi professionali.

[7] Si vedano gli studi condotti a tal proposito dal premio Nobel Amartya Sen, in particolare sul capability approach, i quali vengono presi a riferimento nella valutazione dell’efficacia delle politiche pubbliche territoriali e sulla qualità della vita

[8] L’inadeguatezza dell’edilizia presente in zona è in parte imputabile al fatto che in origine era stata pensata per un utilizzo turistico-balneare, limitato ai mesi estivi (case vacanza).

Tipologia e caratteristiche del progetto

Il progetto concerne un programma integrato di interventi in cui la riqualificazione urbana funge da dispositivo materiale su cui attivare e/o potenziare le prestazioni dei servizi sociali di scala urbana ed accrescere la sicurezza territoriale.

Attraverso l’adeguamento in termini di standard pubblici dello spazio centrale a servizi e attrezzature del quartiere di Lido Tre Archi, (che allo stato attuale si presenta come uno spazio verde con poche ed obsolete attrezzature sportive[1]), si intende mettere a sistema due ordini di attività: sportiva e di servizio sociale, la prima mediante la realizzazione di una palestra per arti marziali e l’altra con un edificio polivalente destinato alla mediazione socio-sanitaria (vd. Tav.0). Questi due organismi fungono da condensatori sociali propulsivi di un programma coordinato di attività mirate a ridurre i fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale che caratterizzano fortemente l’area d’intervento.

Lo sport, infatti, è un veicolo di trasmissione di valori di condivisione e fratellanza, nonché valvola di sfogo delle tensioni sociali; le attività sportive proposte, in particolare, hanno una indiscussa funzione etica e formativa basata sulla disciplina e sull’acquisizione di un codice di regole nel rispetto dell’altro. I servizi socio-sanitari, d’altro canto, mirano a liberare in particolare la popolazione femminile da vieti preconcetti: la polivalenza dell’edificio ne favorisce l’utilizzo sia come ambulatorio medico per primo soccorso e attività di profilassi ed educazione sanitaria, che come luogo di mediazione ed interscambio.

Il tessuto connettivo fra tali edifici pubblici viene attrezzato con strutture leggere per il fitness all’aperto; la pavimentazione sarà funzionale alla pratica sportiva in sicurezza ed al contempo avrà un disegno gradevole atto ad elevare la qualità urbana.

L’area a standard, così riqualificata, viene a costituire una sorta di nuovo fronte sul lungomare, caratterizzato da una forte permeabilità visiva e funzionale tra l’area di attrezzature pubbliche e l’esterno. Tale soluzione favorisce una maggiore fruibilità e rappresenta un invito all’utilizzo delle strutture da parte della popolazione. L’accesso al centro sportivo socio-sanitario, tra la palestra ed il campo di calcetto coperto, si estende fino al piano spiaggia, al fine di mettere in relazione i due sistemi, attraverso un collegamento assiale fra di essi che costituisce un invito a entrare.

Un ulteriore portale d’accesso viene altresì previsto per mettere in relazione le strutture esistenti col versante nord del quartiere, in asse visivo con il nuovo intervento del “Parco dei Popoli”, così nominato per sottolinearne la comune fruizione da parte delle 43 etnie presenti nella zona.

Il perseguimento di una sostenibilità ambientale, energetica ed economica guida anche la scelta di ricorrere a fonti di energia rinnovabile: si prevede infatti di installare, integrandolo nel pacchetto di copertura della nuova palestra, un sistema di fotovoltaico e di solare termico.

Nell’ottica di conseguire una riqualificazione diffusa questo nucleo centrale a servizi viene riconnesso all’intera area di Lido Tre Archi attraverso assi di collegamento, che diventano vettori per interventi di miglioramento della qualità del decoro urbano, tramite la rigenerazione degli spazi di verde pubblico attrezzato, il miglioramento dell’accessibilità al litorale marino, l’illuminazione pubblica (vd. Tav.0). L’intervento più significativo in tal senso è rappresentato dal “Parco dei Popoli”, con funzione al contempo sia di centralità, in cui il senso di cittadinanza viene immediatamente esercitato con la presa in carico degli orti urbani ivi previsti, che di infrastruttura verde che integra l’ambiente urbano con quello marino del litorale.

In sintesi il progetto si compone delle seguenti tipologie di intervento:

  1. a) miglioramento della qualità del decoro urbano tramite interventi diffusi con particolare attenzione alla rigenerazione degli spazi di verde pubblico attrezzato e all’illuminazione pubblica, alla risistemazione della viabilità sul lungomare e all’accessibilità del litorale marino con strutture leggere consone all’abbattimento delle barriere architettoniche;
  2. b) manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture esistenti: realizzazione copertura mobile del campo polivalente per un utilizzo 12 mesi/12 e riqualificazione dei servizi annessi con integrazione del portale di accesso verso il lato nord del quartiere a creare un invito all’accesso, conversione del campo di calcetto in skate-bike park sul versante fluviale;
  3. c) accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza in una area urbana ad elevato tasso di degrado sociale tramite progetti per la valutazione e mitigazione delle criticità presenti, anche grazie alla sperimentazione di nuovi strumenti di prevenzione delle devianze; nello specifico si prevede l’attivazione di un’équipe formata da operatori dei servizi sociali, mediatori territoriali e responsabili sanitari;
  4. d) potenziamento delle prestazioni e dei servizi di scala urbana, tra i quali: azioni di accompagnamento nel sistema scolastico in contesto multiculturale con particolare attenzione alla riduzione della dispersione scolastica, sportello di segretariato sociale in grado di fornire informazioni relative ai diritti e alle opportunità di inserimento lavorativo, attivazione nuclei ambulatoriali di primo intervento e multispecialistici, attivazione di percorsi di integrazione e educazione tramite, tra gli altri, corsi di italiano per stranieri (si pensi ad es. all’apprendimento della lingua da parte della popolazione femminile, in maggioranza persistentemente segregata a causa di tradizioni culturali) ed iniziative ludico-ricreative e sportive rivolte a tutti i target con particolare focus sulle nuove generazioni;

e) adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici mediante la realizzazione di una palestra per le arti marziali con annessa struttura per arrampicata sportiva, spazio attrezzato con strutture per il fitness all’aperto e un edificio polivalente, spazio deputato alle attività dello sportello di mediazione socio-sanitaria.

[1] Le attrezzature nello specifico sono costituite da due campi da calcetto scoperti con spogliatoi annessi, una superficie che in origine era nata come pista di pattinaggio e che è stata trasformata in luogo per l’organizzazione di feste all’aperto, una struttura leggera in legno che è stata destinata a centro sociale con piccolo bar. Tutt’attorno uno spazio a verde lasciato incolto. I campi di calcetto risultano inadeguati rispetto alle attese dei giovani, i quali devono prenotarsi per il loro utilizzo e, spesso, ne fanno un uso condiviso dividendo a metà l’area di gioco ed utilizzando una sola porta per massimizzarne la fruizione. Oltretutto la mancata copertura dei due campi ne impedisce l’uso nei periodi freddi o con condizioni climatiche avverse. Il centro sociale polarizza, invece, le richieste di socializzazione della popolazione meno giovane che si ritrova lì per tornei a carte e tombolate. Pressante è la richiesta di una palestra coperta: attualmente viene utilizzata quella scolastica fuori dall’orario delle lezioni, ma con forti limitazioni dovute alla presa di responsabilità del dirigente scolastico.

Elaborati grafici